"Un uomo che teme di soffrire soffre già quello che teme." Montaigne

27 novembre 2010

Altamura. 27 novembre 2010. Meglio far finta di niente

Ci sono inciampata (quasi) per caso. La nostra terra, la nostra cultura.
Mi chiedo quanto siamo cambiati - quanto si possa cambiare.
E' sempre questa la legge vigente. E' meglio far finta di niente.
Allora cammino per strada e non mi fermo a chiedere se ha bisogno d'aiuto.
Allora faccio finta di non sentire quei progetti.
Allora non dico nulla.
Rimane in me un cimitero di occasioni perdute, di giustizie sprecate, di persone uccise.
L'assassino sono io.

La Repubblica - Si impicca a tredici anni

Altamura. 27 novembre 2010


Stamane mi sono avegliata intontita, confusa, rintronata. Il dilemma che allora s'è posto alla mia capacità decisionale era dei più seri:
  • che ne dici… continuiamo a dormire un altro po', nonostante il probabile e sicuro mal di testa incipiente (prendendo l'aggettivo nel suo secondo significato, ossia dal linguaggio ascetico antico "chi comincia a fare i primi passi sulla via della perfezione")?
  • va be' va… ormai abbiamo aperto gli occhi, ci stiamo parlando, sono le 9 passate, abbiamo molte faccende da sbrigare… riposeremo un po' questo pomeriggio...
Sì, non so a voi… ma a me capita sovente di parlarmi. Prima lo facevo silenziosamente, in un rapporto privilegiato nutrito nel segreto e nella più completa riservatezza. Ora mi ritrovo invece a dover ammettere che il carattere apocrifo originario di questo rapporto va lentemente perduto. Per colpa esclusivamente mia, non c'è dubbio. A volte alzo la voce, gesticolo, è grave?
Questa mattina s'è deciso per la seconda soluzione… in piedi, su! (ma che dico, questa mattina… è la soluzione d'ogni risveglio)
E' riuscito a trascorrere giusto il tempo di preparare la colazione, che diluvi di parole non mie si sono riversati impietosi.
Ha tutta l'aria d'essere una brutta giornata.

21 novembre 2010

Altamura. 21 novembre 2010. Silenzio assenzio

Ci sono giorni in cui il silenzio inebria i sensi.
Ci sono giorni in cui il silenzio stesso chiede d'essere inebriato ai sensi o a qualcosa che li stordisca.
Si confonde allora una nube di silenzio, che di silenzio è causa e di silenzio è effetto.

Altamura. 21 novembre 2010

Io amo l'umanità, ma resto sgomentato di me stesso: quanto più amo l'umanità in generale, tanto meno amo gli uomini in particolare, intendo presi ad uno ad uno, come individui distinti. Non di rado fantasticando, sono arrivato a ideare strani disegni di servire l'umanità, e forse, effettivamente, sarei salito sulla croce per gli uomini, se a un certo punto, per ipotesi, questo fosse stato necessario: eppure non sono capace di abitare due giorni di séguito nella stessa camera con un altro, come so per esperienza. Appena un altro mi sta vicino, ecco che subito la sua personalità esercita un'oppressione sul mio amor proprio e soffoca la mia libertà. In capo a ventiquattr'ore, si trattasse pure del miglior uomo del mondo, io divento capace di odiarlo: uno, perché è lento a mangiare a tavola, un altro perché è raffreddato e non la finisce mai di soffiarsi il naso. Io divento odiatore degli uomini non appena costoro mi vengono a contatto. In compenso m'è sempre avvenuto che quanto più odio ho sentito per i singoli, tanto più ardente s'è fatto il mio amore per l'umanità in generale.

Fiodor Dostoevskij - I fratelli Karamazov

13 novembre 2010

Altamura. 13 novembre 2010. Attesa

Tre mesi sono trascorsi senza quasi che me n'accorgessi. Perché i semi cadono in terra quasi per caso, portati dal vento, da un corriere distratto. Perché nella terra rimangono nascosti, maturano lenti, non ne vedi che tardi il primo germoglio. Ho calpestato più e più volte quella terra, senza sapere.
Ancora sei mesi d'attesa davanti. Per comprendere gli errori che mi sono stati imposti e cui mi sono obbligata, per scoprire cosa non posso ripetere e cosa mi piacerebbe fosse ancora e per sempre. Per curare quel terreno e questa pianta, per vederne crescere a poco a poco il frutto e sfamarlo - e sfamarmene.
E dovrò farcela da sola.

4 novembre 2010

Bari. 04 novembre 2010. Diretteparallele

Cerco almeno una parvenza d'ordine attorno a me.
Fogli sparsi, disordine di parole. Le punte delle mani a tratti sembrano gelate ed incapaci.
Parlavamo di linguaggi, di comprensione, di tradimento, di traduzione. Come riuscire a comunicare con linguaggi diversi.
Forse basta tuffarsi negli occhi, forse basta toccarsi.
Poi, oltre questo, cosa rimane? E dove vanno a finire il piacere di parlare, di discutere, di creare?
Mi vedo sorda a cercare di spiegarmi, con le mie parole mutile. Stringo gli occhi per mettere a fuoco i movimenti delle sue labbra, aggrotto la fronte per focalizzare la mente sul suono silenzioso. E' qualcosa che non sento e cerco di comprendere.
Chi è di fronte cerca di comprendere il mio disagio, ma non può sentirlo. Ne sente un altro, che io non comprendo, al pari delle sue parole. Annaspa con le mani tra i gesti, per far immagine dei pensieri, per colmare il vuoto che ci separa. E tutto questo sembra creare un abisso incolmabile in tre dimensioni.
Tre dimensioni che trovano la loro realizzazione totale solo nella mia mente, solo nella sua. Fuori non esiste nulla di completo. Forse toccarsi, forse guardarsi. Forse.