"Un uomo che teme di soffrire soffre già quello che teme." Montaigne

25 ottobre 2010

Bari. 25 ottobre 2010. Ritorno alla vita

Rimane un po' di prurito. All'apertura delle scapole, sotto le spalle, sulle mani, sul collo.
Rimane qualche segno visibile, che sparirà lentamente come fanno le cicatrici.
Rimane un po' di delusione. All'apertura dello stomaco, degli occhi.
Rimane qualche domanda invisibile, che svanirà veloce come tutti i pensieri.
Ecco un barlume di tramonto sporgersi sugli occhi dall'orizzonte. E' che non sembra rosa. Sembra tutto fuorché rosa. Ocra mischiata al rosso, all'azzurro. Gocce di blu e di nero a poco a poco mutano il cielo nello spettacolo più saturo del giorno, dal nome tanto decadente. Il crepuscolo, la vita che si sopisce nei calori delle case, che s'accende nei vetri delle taverne.

23 ottobre 2010

Altamura. 23 ottobre 2010

Sono prigioniera di rumori acciecanti. A poco a poco riesco ad affievolirli, a renderli un tappeto informe di nessun colore. Solo uno spettro diafano che mi attutisce, mi avvolge, mi sfiora.
Allora seguo i pensieri, loro inseguono me, la realtà si finge in sogno, si fa dolce e lieve, tenue e pacata. Un pasto misurato.
Poi una voce mi chiama, più forte. Cresce su per lo stomaco un'onda invisibile in piena, che va a fermarsi in gola in un coagulo di rabbia, in un bolo mal disfatto, mentre cresce la cantilena senza rispetto.

15 ottobre 2010

Bari. 15 ottobre 2010. Strani giorni

Viviamo strani giorni. Fatica a respirare con queste tonsille fuori misura e purulente. La trascuratezza si paga sempre. Quanto l'imprudenza. E paradossalmente, per tornare indietro, bisogna attendere. Altro tempo.
Sento urla di chitarre elettriche che mi feriscono i timpani, soffocate e confuse dallo stridore dei treni. Immagino queste membrane recise e sanguinanti, che rimargineranno domani. Un nuovo tessuto dal rosa vivace sostituirà il vecchio, poi sbiadirà il suo colore, ma la pelle si sarà fatta più spessa, come ad imparare la lezione. Sentirò sempre meno, ancora.
E avevo gli occhi gonfi di stupore nel sentire: "Il cielo azzurro appare limpido e regale" (il cielo a volte, invece, ha qualche cosa di infernale).

9 ottobre 2010

Bari. 09 ottobre 2010

Strana la vista. Vedo una massa di piedi, un manto erboso di colore blu, una superficie lucida. Una macchia. Guardo il mondo a testa in giù. I capelli non cadono, rimangono fissi nelle loro postazioni, accalcati stretti, come i bagnanti quella domenica d'agosto. Potrebbero spazzolare il tappeto, toccare terra - sempre da attaccati, beninteso. Invece no. Si divertono a lambirli, nemici lontani, sfiorarli quasi... e poi lontani di nuovo, lontani. Me ne sfugge il senso. Ammesso ci sia.

7 ottobre 2010

Bari. 07 ottobre 2010 - or mai

La sensazione forte è di non fare mai abbastanza. La giornata si chiude tra le mani. Il tempo è finito, eccolo qua. Cosa rimane? Anche l'aria volatilizza, quando dischiudo le dita. Come un foglio accartocciato, tenuto per anni privo d'ossigeno. Le reazioni chimiche lo mutano, e quando finalmente l'aria torna sana, esso si disintegra, muore ancor più, senza lasciare traccia. E' il mio giorno.
Farai tutte queste storie quando scadrà davvero il tempo? Tutto il tempo? Nessuno t' aprirà la porta, da nessun girone. Neppure il tuo caro limbo. Nessuno vorrà ascoltare i tuoi piagnistei, i tuoi rimpianti. Allora ce l'avrai tutto, il tempo. Per aprire le mani e costruire. Un girone tuo. Ma no, inutile, non avresti amici. Meglio una casetta, una tana, forse una cella. Il minimo per la sopra-vivenza (vita del livello superiore - in fondo, siamo solo i personaggi di un videogame).

4 ottobre 2010

Bari. 04 ottobre 2010

(Se Domenica è a riposo, Lunedì ne paga le conseguenze.)

Bari. 04 ottobre 2010

Come sotto il cielo di Venezia, tra rii punteggiati di vita e ponti debordanti di facce. Nascosti dietro le finestre opache delle calli, nelle porte in legno dalle pietre macere.Volti dagli occhi bucati mi scrutano con inquietudine e sospetto, con bramosia e ingordigia. Mi porto le mani al viso, cercando di nascondermi, e lo sento. Lo sento freddo e liscio, con zigomi che non conosco. Ho occhi vuoti anch'io.
Come sotto la coperta pesante della notte, tra rii neri d'inchiostro e ponti di pece. Nascosto dentro le cavità senza fondo delle calli, nelle cornici di pietra macera. Il mio volto fa da cornice ad orbite d'inchiostro e di pece. Conosco a memoria queste linee lisce come la via per tornare a casa. Ma ho dimenticato. Cosa c'è sotto. Cosa c'era.





2 ottobre 2010

Bari. 02 ottobre 2010

La sirena d'un'ambulanza riempie la strada e la mia camera. Mi chiedo se sarà l'urgenza o il treno ad aspettare. Ho visto un treno frenare di fronte all'emergenza, inchiodare nel suo modo strascicato per lasciar passare. Stupore. Per un attimo eran tutti e due fermi, come capita a due passanti che, l'uno di fronte all'altro, hanno l'impressione di trovarsi davanti allo specchio. Che per disimpegnare la strada, si trovan ad impedirsi prolungatamente il passo. Treno ed ambulanza, fermi. L'ultima ha avuto la meglio. Stupore prolungato. Oggi, lo stesso. E' d'uopo. Quanto lo stupore.

1 ottobre 2010

Bari. 01 ottobre 2010. Al momento

Che poi mi chiedo ma cosa sei in realtà? Sorvoliamo quel poco più di zero sorvoliamo nome e cognome e codice fiscale sorvoliamo l'iscrizione all'università. Cosa rimane? Cosa delle tue convinzioni, dei tuoi valori, dei tuoi tratti distintivi e peculiari? Rimane davvero qualcosa?  O via, giù, puoi dar di scalpello e piano piano toglier tutto senza più riconoscerti?

Forse è più vero che ci sono momenti in cui cade tutto come una statua di sale un pupazzo di neve un castello di carte una fila di domino una torre gemella un sogno disilluso. Momenti.