"Un uomo che teme di soffrire soffre già quello che teme." Montaigne

12 dicembre 2010

Altamura. 12 dicembre 2010. Caccia alle streghe


Lascia qualcosa di inconcluso alla bocca dello stomaco. Un groviglio di capelli e di polvere e di sangue e di fango.
Ancora ardono alti i roghi, ancora si sente l'aria piena di carne bruciata. Questa è la sensazione.
Era un conto in sospeso, i ragazzi non piangono
il dolore lacerante di quei lividi.

5 dicembre 2010

Altamura. 05 dicembre 2010. L’amore mio


A volte lo si dimentica. E quando lo si fa, cominciano i guai.
Non si tratta d'egoismo, ma della ricerca di quel briciolo di libertà che ti permetta di creare vincoli.
Altrimenti non vincoli, ma catene. Non casa, ma prigione – pur con stoviglie dorate e lenzuola di seta.
Sei così sempre tu da togliermi il respiro, e solo i sogni tuoi sono quelli buoni, gli altri i piccoli i miei quelli che vivo, sono biglietti persi nei tuoi pantaloni. Chiudo gli occhi al riparo da te, rincorro il tempo e scrivo, e nonostante te lo sento vivo, l'amore mio.
Ma non posso naufragare nelle tue maree, come una parola dentro le tue idee. Questa notte è lunga, aiutami, ci sono anch'io… amore mio… non so vivere non voglio senza ricordare, non so correre e nemmeno forse camminare, ma ho bisogno di trovarlo adesso un posto mio, il posto mio.
Farà male dovrai scegliere, dovrai sparire, insultarmi o consolarmi prima di capire che non sei soltanto tu ma sono anch'io, l'amore mio… amore mio.

2 dicembre 2010

Bari. 02 dicembre 2010. L’ironia della poesia


Alle volte mi sorprendo a pensare di sprecare le idee scrivendole qui. Poi mi rassicuro che non sia così, una pacca sulla spalla, un buffetto in testa, un occhiolino. E via dicendo, via scorrendo, via scrivendo. Via, fino al mattino…!

La domanda di questi giorni, quella che rincorre la coda del mio cervello, è: Fu vera gloria? Corre in automatico la risposta celebre a quest'altrettanto celebre questione. Ma poi nella realtà, chi se ne frega. Conta sempre la gloria presente, che m'importa di ciò che diranno domani? Non ci sarò, me ne lavo le mani.

Faresti bene a tacere, una buona volta… m'hanno dato il via, a briglia sciolta!
Sh! Sento rumori strani portati dal muro. Di tutto ciò che dici io non mi curo.
Grr, mi fai montare in rabbia per davvero. Manco male, iniziavo a temer non fossi vero!

L'ironia della poesia, ecco cosa mi ronzava in testa quand'ho iniziato a scrivere. Così ecco spiegato il titolo. Il resto è puramente casuale.

27 novembre 2010

Altamura. 27 novembre 2010. Meglio far finta di niente

Ci sono inciampata (quasi) per caso. La nostra terra, la nostra cultura.
Mi chiedo quanto siamo cambiati - quanto si possa cambiare.
E' sempre questa la legge vigente. E' meglio far finta di niente.
Allora cammino per strada e non mi fermo a chiedere se ha bisogno d'aiuto.
Allora faccio finta di non sentire quei progetti.
Allora non dico nulla.
Rimane in me un cimitero di occasioni perdute, di giustizie sprecate, di persone uccise.
L'assassino sono io.

La Repubblica - Si impicca a tredici anni

Altamura. 27 novembre 2010


Stamane mi sono avegliata intontita, confusa, rintronata. Il dilemma che allora s'è posto alla mia capacità decisionale era dei più seri:
  • che ne dici… continuiamo a dormire un altro po', nonostante il probabile e sicuro mal di testa incipiente (prendendo l'aggettivo nel suo secondo significato, ossia dal linguaggio ascetico antico "chi comincia a fare i primi passi sulla via della perfezione")?
  • va be' va… ormai abbiamo aperto gli occhi, ci stiamo parlando, sono le 9 passate, abbiamo molte faccende da sbrigare… riposeremo un po' questo pomeriggio...
Sì, non so a voi… ma a me capita sovente di parlarmi. Prima lo facevo silenziosamente, in un rapporto privilegiato nutrito nel segreto e nella più completa riservatezza. Ora mi ritrovo invece a dover ammettere che il carattere apocrifo originario di questo rapporto va lentemente perduto. Per colpa esclusivamente mia, non c'è dubbio. A volte alzo la voce, gesticolo, è grave?
Questa mattina s'è deciso per la seconda soluzione… in piedi, su! (ma che dico, questa mattina… è la soluzione d'ogni risveglio)
E' riuscito a trascorrere giusto il tempo di preparare la colazione, che diluvi di parole non mie si sono riversati impietosi.
Ha tutta l'aria d'essere una brutta giornata.

21 novembre 2010

Altamura. 21 novembre 2010. Silenzio assenzio

Ci sono giorni in cui il silenzio inebria i sensi.
Ci sono giorni in cui il silenzio stesso chiede d'essere inebriato ai sensi o a qualcosa che li stordisca.
Si confonde allora una nube di silenzio, che di silenzio è causa e di silenzio è effetto.

Altamura. 21 novembre 2010

Io amo l'umanità, ma resto sgomentato di me stesso: quanto più amo l'umanità in generale, tanto meno amo gli uomini in particolare, intendo presi ad uno ad uno, come individui distinti. Non di rado fantasticando, sono arrivato a ideare strani disegni di servire l'umanità, e forse, effettivamente, sarei salito sulla croce per gli uomini, se a un certo punto, per ipotesi, questo fosse stato necessario: eppure non sono capace di abitare due giorni di séguito nella stessa camera con un altro, come so per esperienza. Appena un altro mi sta vicino, ecco che subito la sua personalità esercita un'oppressione sul mio amor proprio e soffoca la mia libertà. In capo a ventiquattr'ore, si trattasse pure del miglior uomo del mondo, io divento capace di odiarlo: uno, perché è lento a mangiare a tavola, un altro perché è raffreddato e non la finisce mai di soffiarsi il naso. Io divento odiatore degli uomini non appena costoro mi vengono a contatto. In compenso m'è sempre avvenuto che quanto più odio ho sentito per i singoli, tanto più ardente s'è fatto il mio amore per l'umanità in generale.

Fiodor Dostoevskij - I fratelli Karamazov

13 novembre 2010

Altamura. 13 novembre 2010. Attesa

Tre mesi sono trascorsi senza quasi che me n'accorgessi. Perché i semi cadono in terra quasi per caso, portati dal vento, da un corriere distratto. Perché nella terra rimangono nascosti, maturano lenti, non ne vedi che tardi il primo germoglio. Ho calpestato più e più volte quella terra, senza sapere.
Ancora sei mesi d'attesa davanti. Per comprendere gli errori che mi sono stati imposti e cui mi sono obbligata, per scoprire cosa non posso ripetere e cosa mi piacerebbe fosse ancora e per sempre. Per curare quel terreno e questa pianta, per vederne crescere a poco a poco il frutto e sfamarlo - e sfamarmene.
E dovrò farcela da sola.

4 novembre 2010

Bari. 04 novembre 2010. Diretteparallele

Cerco almeno una parvenza d'ordine attorno a me.
Fogli sparsi, disordine di parole. Le punte delle mani a tratti sembrano gelate ed incapaci.
Parlavamo di linguaggi, di comprensione, di tradimento, di traduzione. Come riuscire a comunicare con linguaggi diversi.
Forse basta tuffarsi negli occhi, forse basta toccarsi.
Poi, oltre questo, cosa rimane? E dove vanno a finire il piacere di parlare, di discutere, di creare?
Mi vedo sorda a cercare di spiegarmi, con le mie parole mutile. Stringo gli occhi per mettere a fuoco i movimenti delle sue labbra, aggrotto la fronte per focalizzare la mente sul suono silenzioso. E' qualcosa che non sento e cerco di comprendere.
Chi è di fronte cerca di comprendere il mio disagio, ma non può sentirlo. Ne sente un altro, che io non comprendo, al pari delle sue parole. Annaspa con le mani tra i gesti, per far immagine dei pensieri, per colmare il vuoto che ci separa. E tutto questo sembra creare un abisso incolmabile in tre dimensioni.
Tre dimensioni che trovano la loro realizzazione totale solo nella mia mente, solo nella sua. Fuori non esiste nulla di completo. Forse toccarsi, forse guardarsi. Forse.

25 ottobre 2010

Bari. 25 ottobre 2010. Ritorno alla vita

Rimane un po' di prurito. All'apertura delle scapole, sotto le spalle, sulle mani, sul collo.
Rimane qualche segno visibile, che sparirà lentamente come fanno le cicatrici.
Rimane un po' di delusione. All'apertura dello stomaco, degli occhi.
Rimane qualche domanda invisibile, che svanirà veloce come tutti i pensieri.
Ecco un barlume di tramonto sporgersi sugli occhi dall'orizzonte. E' che non sembra rosa. Sembra tutto fuorché rosa. Ocra mischiata al rosso, all'azzurro. Gocce di blu e di nero a poco a poco mutano il cielo nello spettacolo più saturo del giorno, dal nome tanto decadente. Il crepuscolo, la vita che si sopisce nei calori delle case, che s'accende nei vetri delle taverne.

23 ottobre 2010

Altamura. 23 ottobre 2010

Sono prigioniera di rumori acciecanti. A poco a poco riesco ad affievolirli, a renderli un tappeto informe di nessun colore. Solo uno spettro diafano che mi attutisce, mi avvolge, mi sfiora.
Allora seguo i pensieri, loro inseguono me, la realtà si finge in sogno, si fa dolce e lieve, tenue e pacata. Un pasto misurato.
Poi una voce mi chiama, più forte. Cresce su per lo stomaco un'onda invisibile in piena, che va a fermarsi in gola in un coagulo di rabbia, in un bolo mal disfatto, mentre cresce la cantilena senza rispetto.

15 ottobre 2010

Bari. 15 ottobre 2010. Strani giorni

Viviamo strani giorni. Fatica a respirare con queste tonsille fuori misura e purulente. La trascuratezza si paga sempre. Quanto l'imprudenza. E paradossalmente, per tornare indietro, bisogna attendere. Altro tempo.
Sento urla di chitarre elettriche che mi feriscono i timpani, soffocate e confuse dallo stridore dei treni. Immagino queste membrane recise e sanguinanti, che rimargineranno domani. Un nuovo tessuto dal rosa vivace sostituirà il vecchio, poi sbiadirà il suo colore, ma la pelle si sarà fatta più spessa, come ad imparare la lezione. Sentirò sempre meno, ancora.
E avevo gli occhi gonfi di stupore nel sentire: "Il cielo azzurro appare limpido e regale" (il cielo a volte, invece, ha qualche cosa di infernale).

9 ottobre 2010

Bari. 09 ottobre 2010

Strana la vista. Vedo una massa di piedi, un manto erboso di colore blu, una superficie lucida. Una macchia. Guardo il mondo a testa in giù. I capelli non cadono, rimangono fissi nelle loro postazioni, accalcati stretti, come i bagnanti quella domenica d'agosto. Potrebbero spazzolare il tappeto, toccare terra - sempre da attaccati, beninteso. Invece no. Si divertono a lambirli, nemici lontani, sfiorarli quasi... e poi lontani di nuovo, lontani. Me ne sfugge il senso. Ammesso ci sia.

7 ottobre 2010

Bari. 07 ottobre 2010 - or mai

La sensazione forte è di non fare mai abbastanza. La giornata si chiude tra le mani. Il tempo è finito, eccolo qua. Cosa rimane? Anche l'aria volatilizza, quando dischiudo le dita. Come un foglio accartocciato, tenuto per anni privo d'ossigeno. Le reazioni chimiche lo mutano, e quando finalmente l'aria torna sana, esso si disintegra, muore ancor più, senza lasciare traccia. E' il mio giorno.
Farai tutte queste storie quando scadrà davvero il tempo? Tutto il tempo? Nessuno t' aprirà la porta, da nessun girone. Neppure il tuo caro limbo. Nessuno vorrà ascoltare i tuoi piagnistei, i tuoi rimpianti. Allora ce l'avrai tutto, il tempo. Per aprire le mani e costruire. Un girone tuo. Ma no, inutile, non avresti amici. Meglio una casetta, una tana, forse una cella. Il minimo per la sopra-vivenza (vita del livello superiore - in fondo, siamo solo i personaggi di un videogame).

4 ottobre 2010

Bari. 04 ottobre 2010

(Se Domenica è a riposo, Lunedì ne paga le conseguenze.)

Bari. 04 ottobre 2010

Come sotto il cielo di Venezia, tra rii punteggiati di vita e ponti debordanti di facce. Nascosti dietro le finestre opache delle calli, nelle porte in legno dalle pietre macere.Volti dagli occhi bucati mi scrutano con inquietudine e sospetto, con bramosia e ingordigia. Mi porto le mani al viso, cercando di nascondermi, e lo sento. Lo sento freddo e liscio, con zigomi che non conosco. Ho occhi vuoti anch'io.
Come sotto la coperta pesante della notte, tra rii neri d'inchiostro e ponti di pece. Nascosto dentro le cavità senza fondo delle calli, nelle cornici di pietra macera. Il mio volto fa da cornice ad orbite d'inchiostro e di pece. Conosco a memoria queste linee lisce come la via per tornare a casa. Ma ho dimenticato. Cosa c'è sotto. Cosa c'era.





2 ottobre 2010

Bari. 02 ottobre 2010

La sirena d'un'ambulanza riempie la strada e la mia camera. Mi chiedo se sarà l'urgenza o il treno ad aspettare. Ho visto un treno frenare di fronte all'emergenza, inchiodare nel suo modo strascicato per lasciar passare. Stupore. Per un attimo eran tutti e due fermi, come capita a due passanti che, l'uno di fronte all'altro, hanno l'impressione di trovarsi davanti allo specchio. Che per disimpegnare la strada, si trovan ad impedirsi prolungatamente il passo. Treno ed ambulanza, fermi. L'ultima ha avuto la meglio. Stupore prolungato. Oggi, lo stesso. E' d'uopo. Quanto lo stupore.

1 ottobre 2010

Bari. 01 ottobre 2010. Al momento

Che poi mi chiedo ma cosa sei in realtà? Sorvoliamo quel poco più di zero sorvoliamo nome e cognome e codice fiscale sorvoliamo l'iscrizione all'università. Cosa rimane? Cosa delle tue convinzioni, dei tuoi valori, dei tuoi tratti distintivi e peculiari? Rimane davvero qualcosa?  O via, giù, puoi dar di scalpello e piano piano toglier tutto senza più riconoscerti?

Forse è più vero che ci sono momenti in cui cade tutto come una statua di sale un pupazzo di neve un castello di carte una fila di domino una torre gemella un sogno disilluso. Momenti.

30 settembre 2010

Bari. 30 settembre 2010. Fogli sparsi.

Appunti sparsi qua e là. Da ricuperare maneggiare elaborare. Poi, puntualmente, rimangono a prendere polvere, sui comodini, le scrivanie, i fogli, le memorie. Il peggio è quando restano soli nella mia mente. Scompaiono ancor prima di ingiallire. Come da una finestra aperta uno sbuffo di vento li rapisse lontano. Cancellati, per sempre. Anche le più grandi intuizioni.
Arrivano in genere a tarda ora, sul limine ultimo tra giorno e sogno. Raramente riesco a fermarli su un supporto più rigido del mio ippocampo. Allora quasi funziona. Allora quasi permane una possibilità su un milione che l'indomani, svegliandomi e ritrovando quella traccia, ne ricordi il senso e il perché. Ma, la maggior parte delle volte, si disperdono in nebulose immagini oniriche, destinate a dissolversi sul fare del giorno, ad annegare irrimediabilmente in una tazza di caffè latte.

29 settembre 2010

Bari. 29 settembre 2010

Quando ci leghiamo le mani. La testa. I pensieri. Le possibilità.
Siamo i primi, e forse i soli, a piantarci i chiodi nelle mani, a bloccarci il passo con gravi macigni di ferro, a oscurarci la vista con bende pesanti.
Per liberarci dalla delusione di fallire. Per legittimarci a farlo.

27 settembre 2010

Bari. 27 settembre 2010

Vola la notte sull'aria, come le tende di questa stanza aperta sul cielo. Solitaria.
Si spande un umido odore d'amore, confuso da stridori lontani. Mi ami.
Il vento porta un'altra inquietudine. I piedi nudi non si scaldano mai.
Moti ondosi increspano le coperte del mio cuore d'una presenza immaginaria.
Un auto che corre riporta la mente al reale, dall'altrove in cui suole abitare.

24 maggio 2010

Bari. 24 maggio 2010


Tendiamo al risparmio energetico.

Riflessione da traiettorie di manovra.